Intervento “verde” sull’Abbazia di Summaga

Al molto Reverendo
Don Umberto, Parroco dell’Abbazia di Summaga (Ve)

Quando ci è stato chiesto di formulare e di esprimere delle soluzioni per un eventuale abbellimento “verde” dell’Abbazia in oggetto, non ci siamo nascosti le difficoltà che sarebbero sorte in ordine ad un perfetto adeguamento della sistemazione alle norme che regolano tutte, nessuna esclusa, le opere relative ai restauri, abbellimenti, modifiche, adattamenti dei monumenti storici, perché tale è la sopra citata Abbazia.

In considerazione di quest’ultimo dato, per la sola scelta dei tipi di piante, abbiamo dovuto scegliere solo alcuni, escludendone altri a priori.

Il criterio fondamentale è che trattandosi di monumento antico poteva essere selezionata soltanto una data partita di piante tipicamente classiche e normalmente impiegate nella decorazione di aree monumentali mediterranee. Fra queste citeremo il Pinus pinea, il Cupressus pyramidalis ed horizontalis, il Laurus nobilis, l’Osmanthus, l’olivo. Una cerchia, come si vede, molto ristretta.

Si potrà osservare, da parte di qualche palato raffinato e delicato, che l’olivo è sì pianta classica ma, se vogliamo, non sarebbe esattamente una pianta della campagna di Portogruaro e quindi essa potrebbe risultare un po’ forestiera.

Non è così: il frontone dell’Abbazia, col suo rosone, è pure romanico e noi abbiamo cercato di piazzare i due olivi proprio sulla parete frontale, tanto che ci sembra che in prospettiva essi si sposino mirabilmente con la sobria serenità della facciata anzidetta.

Sotto gli ulivi è stato collocato un pozzo del sec. XIV la cui base poggia su un pavimento di mattoni antichi (recuperati), sigillati in un quadrato da gradini di pietra del XIII sec. recuperati anch’essi dagli scavi dei resti dell’antico monastero di Summaga, distrutto dal terremoto di tanti secoli addietro.

Il pozzo, anch’esso facente parte dell’antico monastero, era stato inizialmente collocato da ignoti sotto i due abeti nell’orto della canonica una cinquantina di anni fa.

Era passato inosservato per decine di lustri e a noi sembra giusto e doveroso che gli sia riservata una sede migliore, quella che esso ha attualmente.

Un problema non semplice era costituito anche dal viale d’accesso. Era facile la tentazione di procedere alla piantagione di filari di cipressi col risultato di cadere nella banalità di creare un ennesimo esempio di viale d‘acceso cimiteriale.

Si è ricorsi allora all’espediente di raggruppare i cipressi in quantità disuguali, a distanze asimmetriche non solo, ma l’aspetto e la forza dei singoli esemplari dovevano essere anche differenti. E’ così è stato.

Davanti alla sacrestia è stata collocata una massa non uniforme di allori e osmanthus per separare otticamente la fabbrica antica (abbazia) dalla costruzione recente (sacrestia), allori, che, se vogliamo, continuano sul lato nord e nord-est con minore impatto visivo essendo di taglia inferiore.

Sul piazzale d’arrivo all’Abbazia, sul lato opposto rispetto al pozzo, sono stati messi a dimora due cipressi abbastanza ben forniti e di notevole taglia. Essi trovano lì una giustificazione in quanto hanno lo scopo di “dilatare” il verde degli abeti esistenti davanti alla canonica, che altrimenti darebbero l‘impressione di essere molto pesanti.

Su quei due abeti davanti alla canonica vale la pena di spendere qualche parola. Innanzitutto questo: già che ci sono, che ci restino! Ma dobbiamo anche dichiarare che ci stanno come i classici cavoli a merenda. Non si sa a chi sia venuto in mente di collocarveli né quando. E’ stupefacente rilevare come, tra tutte le piante esistenti nel regno del creato, siano stati prescelti per tale onore, due alberi di Natale, comuni e silvestri. A nessuno è passato per la mente lo scrupolo di analizzare, allora, se gli abeti legano con l’ambiente –abbazia e con la campagna circostante. La risposta è che nel quadro generale i due abeti ci stanno disastrosamente. Il male è che non si può far finta di non vederli. E’ stato consigliato di troncare le punte per tentare di trasformare l’aspetto e sofisticarne così l’apparenza, ma l’orecchio da quella parte non ci sente.

Sullo spigolo sud-est dell’abbazia sono stati piantati due pinus pinea (l’albero emblema della flora italica) circondati, come da satelliti, da tanti cipressetti che si disperdono verso la campagna ad oriente.

Purtroppo solo tra qualche decina d’anni si potranno rilevare i risultati di questo tipo di piantagione. A noi non resta che immaginare e sperare. Quelli che ci seguiranno non potranno che benedirci per la luce che ci ha illuminato quando è stato deciso di vestire l’abbazia pianando alberi e collocandoli con un criterio architettonico-paesaggistico.

Nel complesso è stata portata a termine una difficile operazione di abbellimento col verde di un monumento storico d’interesse internazionale e crediamo che i futuri visitatori resteranno ben impressionati per il felice inserimento dell’opera nel paesaggio, inserimento la cui validità si rivelerà crescente a misura che passano gli anni.

Treviso, 20 dicembre 1974

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